martedì 23 aprile 2013

La politica di coesione dell'UE contribuisce ad attenuare la crisi e produce crescita, come risulta dalla relazione strategica 2013 della Commissione

La Commissione europea ha presentato una panoramica sul funzionamento dei fondi strutturali dell'UE negli Stati membri. La "Relazione strategica" sull'attuazione dei programmi della politica di coesione 2007-2013 riunisce le informazioni disponibili in provenienza dagli Stati membri, nella maggior parte dei casi aggiornate fino alla fine del 2011. Nella prospettiva di ulteriori quattro anni fino a quando terminerà il programma nel 2015, gli investimenti a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo di coesione e sul Fondo sociale europeo hanno già determinato progressi e miglioramenti per molti cittadini.

Nell'insieme dell'UE questi comprendono:
  1. altri 1,9 milioni di cittadini hanno ora accesso alla banda larga;
  2. altri 2,6 milioni di cittadini sono allacciati alle condutture dell'acqua potabile, altri 5,7 milioni usufruiscono di progetti per il trattamento delle acque reflue;
  3. vi sono 460 km di strade della rete transeuropea di trasporto e 334 km di binari della stessa rete; e
  4. 2,4 milioni di persone assistite dal Fondo sociale europeo hanno trovato un nuovo posto di lavoro.
L'innovazione e le piccole imprese ricevono un forte sostegno dagli investimenti della politica di coesione e tale dinamica appare destinata a intensificarsi. Sinora:
  1. 53.240 progetti di Ricerca e sviluppo tecnologico e 16.000 progetti imprese-ricerca hanno ricevuto investimenti e
  2. 53.160 start-up hanno ricevuto un sostegno.
Via via che vengono utilizzati i finanziamenti e che i progetti iniziano a realizzarsi la relazione documenta:
  • un aumento significativo del numero di persone supportate sul piano occupazionale da circa 10 milioni all'anno prima del 2010 a circa 15 milioni annualmente a partire da tale anno; e
  • un'accelerazione significativa dei risultati a partire dal 2010 per quanto concerne il sostegno alle PMI: quasi 400.000 posti di lavoro creati (la metà dei quali nel 2010/11) compresi 15.600 posti di lavoro nella ricerca e 167.000 posti di lavoro nelle PMI.
Commentando la relazione il Commissario responsabile per la Politica regionale Johannes Hahn ha affermato: "Questa relazione ci fornisce una preziosa istantanea di una politica che sta producendo risultati lungo quasi l'intero arco delle priorità UE e investe nella crescita, obiettivo che ha disperatamente bisogno di investimenti. Offriamo sostegno alle nuove imprese innovative e creiamo posti di lavoro validi e sostenibili per il futuro, portiamo la banda larga nelle regioni remote, affrontiamo il problema della fuga dei cervelli e costruiamo collegamenti vitali per i trasporti che contribuiscono alla competitività delle regioni. La politica di coesione ha inoltre dimostrato di essere capace di grande flessibilità reagendo alla crisi e adattandosi ai bisogni via via diversi dei cittadini e delle loro collettività."
Il Commissario ha aggiunto: "Dobbiamo però trarre anche alcuni insegnamenti: i risultati sono a volte frammentari e gli Stati membri devono intensificare gli sforzi per far uso delle risorse UE. Nella prospettiva del prossimo periodo di programmazione ci attendiamo che gli Stati membri e le regioni concentrino la loro politica ancor di più sui risultati e sulle priorità che promettono di avere il maggior impatto."
Lázsló Andor, Commissario responsabile per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, ha aggiunto: "Con la crisi i fondi UE della politica di coesione hanno acquistato un'importanza ancora maggiore quale fonte d'investimenti su tutto il territorio dell'Unione. Il Fondo sociale europeo offre un sostegno cruciale al nostro capitale umano, in particolare aiuta i giovani a massimizzare le loro opportunità di carriera. La preparazione della prossima generazione di programmi è un'opportunità unica di corroborare la nostra strategia della crescita e dell'occupazione con un sostegno finanziario significativo. L'investimento nel capitale sociale e umano dovrà svolgere un ruolo importante in questa strategia."
La “Relazione strategica” delinea i progressi compiuti da ciascun paese in vista del raggiungimento degli obiettivi unionali, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020. La relazione incoraggia gli Stati membri a misurare i progressi realizzati in settori strategici fondamentali come la ricerca e l'innovazione, le ferrovie, l'energia, il capacity building, i trasporti urbani sostenibili, la creazione di posti di lavoro e la formazione.
Le relazioni presentate dai 27 Stati membri alla fine del 2012 (basate per l'essenziale su dati del 2011) offrono alla Commissione la prima opportunità di presentare una relazione, nel corso di un periodo di programmazione, sui progressi realizzati in tema di output e risultati e di inviare messaggi importanti e tempestivi sulle potenzialità della politica di coesione ai fini della ripresa economica dell'UE. La Commissione identifica gli ambiti di investimento in cui si deve intervenire per accelerare la selezione e l'esecuzione dei progetti cofinanziati nel periodo 2007-2013 per poter raggiungere gli obiettivi fissati.

martedì 16 aprile 2013

Tratta degli esseri umani: aumentano le vittime nell'UE ma gli Stati membri tardano a rispondere

Nell'Unione europea le vittime identificate o presunte della tratta nel periodo 2008-2010 sono state 23 632. È questo il dato che emerge con maggiore evidenza dalla prima relazione sulla tratta degli esseri umani in Europa pubblicata oggi dalla Commissione europea. La relazione sottolinea, inoltre, che mentre il numero delle persone oggetto della tratta all'interno e verso l'UE è aumentato del 18% dal 2008 al 2010, è diminuito quello dei trafficanti che finiscono dietro le sbarre, come risulta dal calo delle condanne del 13% nello stesso periodo.
Nonostante questo preoccupante contesto, ad oggi solo 6 dei 27 Stati membri dell'Unione europea hanno pienamente recepito la direttiva anti-tratta dell'UE nella loro legislazione nazionale, e tre hanno comunicato di avervi provveduto soltanto parzialmente mentre il termine per il recepimento è scaduto il 6 aprile 2013.
«É difficile immaginare che nei nostri paesi UE, liberi e democratici, decine di migliaia di esseri umani possano essere privati della libertà e sfruttati, scambiati come merci a fini di lucro. Ma è questa la triste verità e la tratta degli esseri umani è ovunque attorno a noi, ben più vicina di quanto pensiamo. Mi rammarica molto vedere che, nonostante questa allarmante tendenza, solo pochi paesi abbiano attuato la legislazione anti-tratta e sollecito quelli che non vi hanno ancora provveduto ad adempiere ai loro obblighi», ha dichiarato Cecilia Malmström, Commissaria UE per gli Affari interni.
Pieno e rapido recepimento della direttiva UE
Al fine di invertire questa tendenza è necessario recepire e attuare adeguatamente le ambiziose leggi e misure contro la tratta degli esseri umani.
La direttiva, se pienamente recepita, può avere un impatto reale e concreto sulla vita delle vittime e può evitare che un reato tanto aberrante ne faccia altre. Le nuove norme riguardano interventi in ambiti diversi, quali disposizioni di diritto penale, l'azione penale contro gli autori del reato, il sostegno alle vittime e i loro diritti nel procedimento penale, la prevenzione. La direttiva prevede, inoltre, l'istituzione in ciascuno Stato membro di un relatore nazionale o di un meccanismo equivalente che segnali le tendenze, raccolga i dati e quantifichi l'impatto delle attività anti-tratta.
I diritti delle vittime della tratta degli esseri umani nell'UE
Oggi la Commissione europea presenta anche un quadro d'insieme dei diritti delle vittime della tratta degli esseri umani al fine di fornire informazioni chiare e di facile lettura sui diritti del lavoro, sociali, di soggiorno e risarcitori di cui i singoli possono beneficiare in base al diritto dell'Unione. Tale quadro d'insieme sarà utilizzato dalle vittime e dagli operatori (ONG, polizia, funzionari dei servizi per l'immigrazione, ispettori del lavoro, guardie di frontiera, operatori sanitari e sociali) che lavorano nel settore della tratta degli esseri umani e contribuirà al concreto esercizio di questi diritti aiutando le autorità degli Stati membri dell'UE a fornire l'assistenza e la protezione che le vittime necessitano e meritano.
Raccolta dei dati: i risultati principali
Eurostat e la DG Affari interni pubblicano la prima relazione sulle statistiche relative alla tratta degli esseri umani a livello dell'UE per gli anni 2008, 2009 e 2010. Tutti gli Stati membri hanno contribuito a questa relazione – benché la raccolta di dati comparabili e affidabili continui a essere difficile e sia opportuno interpretare queste cifre con cautela in quanto non rappresentano che la punta dell'iceberg. Uno studio dell'Organizzazione internazionale del lavoro rivela che nell'UE sono circa 880 000 le persone vittime del lavoro forzato, compreso lo sfruttamento sessuale.
Vittime
  1. Il numero totale delle vittime accertate e presunte nel 2008 è stato di 6 309, di 7 795 nel 2009 e di 9 528 nel 2010, con un aumento del 18% nel triennio di riferimento.
  2. La distribuzione per sesso ed età delle vittime nel triennio di riferimento è stata: 68% donne, 17% uomini, 12% ragazze e 3% ragazzi.
  3. La maggior parte delle vittime identificate e presunte nel triennio di riferimento è stata venduta a fini di sfruttamento sessuale (62%), seguono le vittime della tratta a fini di lavoro forzato (25%) e, con percentuali nettamente inferiori (14%), le vittime di altre forme di sfruttamento, come il prelievo di organi, attività criminali o la vendita di minori.
  4. La maggior parte delle vittime identificate e presunte nel triennio di riferimento proviene dagli Stati membri (61%), seguite da vittime dall'Africa (14%), dall'Asia (6%) e dall'America Latina (5%).
  5. La maggior parte delle vittime individuate negli Stati membri dell'UE è di origine rumena o bulgara.
  6. La maggior parte delle vittime con cittadinanza diversa da quella degli Stati membri proviene dalla Nigeria e dalla Cina.
  7. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati alle vittime della tratta degli esseri umani con cittadinanza di paesi terzi è aumentato da 703 nel 2008 a 1 196 nel 2010.
— Trafficanti
  1. Negli Stati membri il numero totale dei presunti trafficanti dal 2008 al 2010 è diminuito di circa il 17%.
  2. Il 75% dei presunti trafficanti è di sesso maschile.
  3. I presunti trafficanti per fini di sfruttamento sessuale rappresentano circa l'84% del totale nel triennio di riferimento.
  4. Il numero totale delle condanne per tratta di esseri umani dal 2008 al 2010 è diminuito del 13%.

venerdì 12 aprile 2013

Segregazione scolastica per i figli dei migranti


Secondo un nuovo studio svolto per conto della Commissione europea, i minori di recente immigrazione sono maggiormente esposti al rischio di subire la segregazione scolastica e di frequentare scuole dotate di meno risorse. Ciò si traduce in uno scarso rendimento e in un'elevata probabilità di abbandono scolastico precoce. Ai fini di una migliore integrazione lo studio propone che gli Stati membri forniscano un sostegno educativo mirato ai figli dei migranti, ad esempio attraverso insegnanti specializzati e un coinvolgimento sistematico dei genitori e delle comunità.
Lo studio esamina le politiche nazionali a sostegno dei minori di recente immigrazione relative a 15 paesi recentemente interessati da flussi migratori significativi: Austria, Belgio (comunità fiamminga), Cipro, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica ceca e Svezia. Secondo le conclusioni della ricerca, il modello migliore è quello della Danimarca e della Svezia, che si basa sull'offerta di un sostegno mirato e su un ragionevole livello di autonomia delle scuole. Gli altri paesi tendono a concentrarsi soltanto su uno di questi aspetti e il risultato è che non pervengono a una migliore inclusione dei figli dei migranti.
Androulla Vassiliou, Commissaria responsabile per l'Istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù, ha dichiarato: "Ogni minore, indipendentemente dalla sua origine, merita di avere la possibilità, attraverso l'istruzione, di acquisire le competenze necessarie per la vita e che danno migliori prospettive di lavoro. Dobbiamo migliorare i risultati europei in questo settore e fornire maggiore sostegno ai gruppi vulnerabili. Occorre cambiare la mentalità che resiste in troppe scuole. Gli studenti cresciuti in un paese sono i primi a doversi adattare ai figli dei migranti. Dovrebbero essere incoraggiati all'accoglienza e su questo punto abbiamo bisogno dell'appoggio dei genitori. Non intervenendo rischiamo di creare un circolo vizioso in cui la mancanza di opportunità si traduce in risultati scolastici mediocri e in una maggiore probabilità di disoccupazione e di povertà."
L'analisi sottolinea l'importanza dell'autonomia scolastica e di un approccio olistico in materia di sostegno educativo ai minori di recente immigrazione, comprendente il sostegno linguistico e scolastico, il coinvolgimento dei genitori e delle comunità e l'educazione interculturale. Secondo lo studio, le scuole dovrebbero evitare la segregazione e la selezione precoce degli alunni sulla base delle abilità, in quanto ciò potrebbe sfavorire i figli dei migranti che si stanno adattando a una nuova lingua. Viene inoltre sottolineata la necessità di migliorare il monitoraggio e la raccolta di dati statistici sull'accesso, sulla partecipazione e sul rendimento degli alunni e degli studenti migranti.
I risultati dello studio riflettono le statistiche dell'indagine PISA (Programme for International Student Assessment) dell'OCSE, che valuta le competenze e le conoscenze dei quindicenni. L'OCSE ha rilevato che nel 2010, in Europa, il tasso di abbandono precoce dell'istruzione o della formazione è stato del 25,9% tra gli alunni stranieri, contro un livello del 13% tra quelli autoctoni.
Contesto
Lo studio della Commissione rileva che nella maggior parte dei paesi le scuole sono lasciate a loro stesse per quanto riguarda l'applicazione degli orientamenti nazionali generali in materia di assegnazione dei fondi oppure, al contrario, non dispongono dell'autonomia necessaria per adattare il sostegno alle singole esigenze e per calibrare le politiche nazionali in funzione della situazione locale.
Lo studio individua cinque tipi di sostegno educativo:
il modello del sostegno complessivo (esempi: Danimarca e Svezia),
che prevede un sostegno continuativo nei settori più importanti ai fini dell'inclusione dei minori di recente immigrazione: sostegno linguistico, sostegno scolastico, coinvolgimento dei genitori, educazione interculturale e ambiente favorevole all'apprendimento;
il modello del sostegno non sistematico (esempi: Italia, Cipro e Grecia),
caratterizzato da un approccio casuale per quanto riguarda il sostegno fornito. Le politiche non sono sempre formulate in modo chiaro, né dotate di risorse adeguate o attuate in modo efficace. Gli insegnanti, i genitori e le comunità locali restano in larga misura privi di orientamenti precisi;
il modello del sostegno compensativo (esempi: Belgio e Austria),
che prevede svariate forme di politiche di sostegno ed è caratterizzato dall'insegnamento continuativo della lingua del paese ospitante, dal sostegno didattico, pur piuttosto contenuto, dall'individuazione precoce delle abilità dei discenti e dalla divisione precoce in gruppi di abilità. Questo modello è "compensativo", nel senso che mira a correggere le differenze piuttosto che a contrastare lo svantaggio di partenza;
il modello dell'integrazione (esempio: Irlanda)
caratterizzato da politiche di cooperazione e di educazione interculturale ben sviluppate. Il collegamento tra scuola, genitori e comunità locale è sistematico e l'apprendimento interculturale è ben integrato nei programmi scolastici e promosso nella vita scolastica quotidiana. Il modello non si concentra sul sostegno linguistico;
il modello del sostegno centralizzato all'ingresso (esempi: Francia e Lussemburgo),
basato sull'accoglienza centralizzata dei figli dei migranti e sull'offerta di un sostegno scolastico. Offre programmi articolati di sostegno mirato a favore degli alunni con scarso rendimento, come pure un sostegno linguistico e l'ascolto dei genitori.
Lo studio indipendente è stato realizzato per la Commissione dal Public Policy and Management Institute della Lituania.
L'Unione europea, nel quadro della strategia per la crescita e l'occupazione, incoraggia gli Stati membri a investire di più nell'istruzione, in modo da rafforzare le economie europee e far acquisire ai giovani le competenze richieste dal mercato del lavoro. I paesi dell'UE si sono impegnati a ridurre, entro il 2020, la percentuale di giovani in possesso di scarse competenze di base (nella lettura, nella matematica e nelle scienze) e di coloro che abbandonano prematuramente la scuola. Hanno convenuto che entro il 2020 la percentuale di quindicenni in possesso di abilità insufficienti nel campo della lettura, della matematica e delle scienze debba essere inferiore al 15%, che la percentuale di abbandono precoce dell'istruzione e della formazione debba essere inferiore al 10% e che quella delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria debba essere almeno del 40%.
Dal 1960 la migrazione netta verso l'Europa è triplicata. L'insegnamento ai figli dei migranti sta diventando una questione di importanza cruciale: nell'anno scolastico 2009/2010 gli alunni di prima lingua diversa dal tedesco iscritti nelle scuole austriache erano il 17,6% del totale e negli ultimi cinque anni la percentuale degli alunni non autoctoni in Grecia è salita dal 7,3 al 12% nell'istruzione primaria e secondaria.

Relazioni industriali: una nuova relazione sottolinea l'irrigidimento del dialogo sociale in Europa

Da una relazione pubblicata ieri dalla Commissione europea emerge che l'attuale crisi economica compromette seriamente il dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro e i governi. Tale relazione rileva che le riforme adottate recentemente dai governi non sono sempre state accompagnate da un dialogo sociale pienamente efficace, con la conseguenza che le relazioni industriali sono sempre più conflittuali in Europa.
László Andor, commissario europeo per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione, ha dichiarato: "Il dialogo sociale è soggetto a crescenti pressioni nell'attuale contesto di calo della domanda macroeconomica, di inasprimento fiscale e di tagli della spesa pubblica. Dobbiamo rafforzare il ruolo delle parti sociali a tutti i livelli, se vogliamo uscire dalla crisi e preservare i vantaggi del modello sociale europeo. Un dialogo sociale ben strutturato è altresì indispensabile per rispondere alle sfide del cambiamento demografico e per riuscire a migliorare le condizioni di lavoro e a rafforzare la coesione sociale. Il dialogo sociale deve essere intensificato negli Stati membri dell'Europa centrale e orientale, nei quali è attualmente sensibilmente più debole."
È di cruciale importanza che i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro (parti sociali) partecipino attivamente all'elaborazione delle riforme della pubblica amministrazione, dal momento che le soluzioni individuate attraverso il dialogo sociale sono in genere più ampiamente accettate dai cittadini, più facili da attuare nella pratica e meno atte a suscitare conflitti. Accordi consensuali con l'intervento delle parti sociali contribuiscono quindi a garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali. Un dialogo sociale ben strutturato può contribuire effettivamente alla resilienza economica dell'Europa. Di fatto, i paesi con un dialogo sociale consolidato e istituzioni di relazioni industriali forti sono generalmente quelli in cui la situazione economica e sociale è più solida e meno soggetta a pressioni. Le potenzialità del dialogo sociale di risoluzione dei problemi possono contribuire a superare l'attuale crisi. La nuova relazione illustra in che modo i risultati del dialogo sociale europeo possono incidere concretamente sulla vita lavorativa dei cittadini europei, ad esempio migliorandone le condizioni di lavoro e la salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
In considerazione dei tagli della spesa pubblica in numerosi Stati membri, la relazione affronta essenzialmente i rapporti di lavoro nel settore pubblico: amministrazione pubblica, istruzione e assistenza sanitaria. I governi hanno considerati prioritari gli incrementi di efficienza nella ristrutturazione del settore pubblico. In alcuni paesi questo processo ha continuato il suo corso seguendo un approccio più equilibrato che suscita minori tensioni e conserva così il margine per soluzioni collettive tra i sindacati e il settore pubblico. In altri paesi i metodi scelti per attuare decisioni hanno spesso escluso il ricorso al dialogo sociale. Tale tendenza non si registra unicamente nei paesi che beneficiano dell'assistenza finanziaria dell'UE e del Fondo monetario internazionale. Di conseguenza, in molti Stati membri, l'inasprimento fiscale e i tagli della spesa pubblica hanno generato un'ondata di vertenze di lavoro e hanno messo in evidenza la natura contestata di alcune delle misure di riforma che non sono passate al vaglio del dialogo sociale.
Europa centrale e orientale
La relazione analizza inoltre in profondità lo stato del dialogo sociale in Europa centrale e orientale. Benché esista una grande diversità tra i paesi di questa area, essi presentano tutti, ad eccezione della Slovenia, istituzioni di relazioni industriali fragili e frammentate. Alcune riforme pregiudicano effettivamente il coinvolgimento delle parti sociali nell'introduzione dei cambiamenti. La relazione dimostra che la rivitalizzazione dei sistemi nazionali di relazioni industriali al fine di promuovere e ripristinare il consenso è indispensabile per garantire la sostenibilità a lungo termine delle riforme economiche e sociali in atto.
Nella relazione sono state esaminate altre questioni, in particolare il coinvolgimento delle parti sociali nella riforma del regime di disoccupazione e pensionistico e nella transizione verso un'economia più sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili. Mentre in paesi come il Belgio, la Francia, i Paesi Bassi e la Spagna i sindacati hanno partecipato al processo di riforma pensionistica, in altri il ruolo delle parti sociali è stato minimo, il che ha generato conflitti. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, la relazione rileva che le attività delle parti sociali in questo settore si intensificano e che il loro ruolo di sostegno all'agenda verde è sempre più incisivo.

giovedì 11 aprile 2013

Passi avanti nella lotta contro l'abbandono scolastico e nella diffusione dell'istruzione superiore, ma sempre più spesso i maschi restano indietro

Secondo i dati più recenti pubblicati oggi da Eurostat per il 2012, la maggior parte degli Stati membri dell'UE ha compiuto passi avanti nel raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 nel campo dell'istruzione: riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10% e aumento al di sopra del 40% della percentuale di giovani in possesso di qualifiche dell'istruzione superiore (terziaria o equivalente) entro il 2020. Permangono, tuttavia, profonde disparità tra uno Stato membro e l'altro e tra maschi e femmine. Attualmente la percentuale di abbandono scolastico tra i giovani è in media del 12,8% nell'UE, in calo rispetto al dato del 13,5% registrato nel 2011. Nel 2012, erano il 35,8% le persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni nell'UE ad aver completato l'istruzione terziaria, contro un 34,6% l'anno precedente.
Androulla Vassiliou, Commissaria europea responsabile per l'Istruzione, la cultura, il multilinguismo e la gioventù, ha dichiarato: "I passi avanti compiuti nel raggiungimento dei nostri obiettivi in materia di istruzione sono un messaggio positivo in un periodo di incertezza economica. In futuro i posti di lavoro richiederanno qualifiche di livello più elevato e questi dati indicano che un maggior numero di giovani è deciso a sviluppare appieno le proprie potenzialità. Constatiamo anche che stanno dando frutti gli sforzi volti a migliorare i sistemi di istruzione dell'UE e ad accrescerne l'accessibilità. Auspico che gli Stati membri, in particolare quelli che non hanno realizzato passi avanti o i cui risultati sono stati peggiori che nell'anno precedente, proseguano nell'impegno in modo che si possano conseguire gli obiettivi fissati per il 2020. Li invito a intensificare gli sforzi e a seguire i numerosi esempi di buone pratiche."
Dodici Stati membri (Austria Repubblica ceca, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Svezia) hanno ormai tassi di abbandono scolastico inferiori all'obiettivo fissato dalla strategia Europa 2020 al 10% e l'Irlanda ha raggiunto per la prima volta questo traguardo. Spagna (24,9%), Malta (22,6%) e Portogallo (20,8%) sono i paesi dove si registrano i più alti tassi di abbandono scolastico, ma va detto che rispetto al 2011 sono stati compiuti passi avanti. In Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia e nel Regno Unito il tasso di abbandono scolastico è diminuito di almeno un punto percentuale, mentre è cresciuto in Bulgaria, a Cipro, nella Repubblica ceca, in Ungheria, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Svezia.
Nel 2012, in 12 Stati membri (Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito) la percentuale di persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di istruzione superiore si collocava al di sopra dell'obiettivo della strategia Europa 2020, fissato al 40%. L'anno prossimo si prevede che questa soglia del 40% venga superata dalla Polonia e dalla Slovenia. La percentuale di giovani con una qualifica dell'istruzione superiore resta bassa in Italia (21,7%), Slovacchia (23,7%), Romania (21,8%), Malta (22,4%), Repubblica ceca (25,6%) e Portogallo (27,2%). Preoccupa il fatto che il già basso tasso di completamento dell'istruzione terziaria della Bulgaria (26,9%) abbia subito un calo nel 2012.
Nel complesso i dati per le femmine sono migliori: tra loro il tasso di abbandono scolastico è inferiore del 24% a quello dei maschi. La maggiore differenza riguarda Cipro (+ 58%), la Lettonia (+ 57%), il Lussemburgo (+ 57%) e la Polonia (+ 55%), dove il tasso di abbandono scolastico dei maschi è oltre il doppio rispetto a quello delle femmine. Va aggiunto che la probabilità del completamento dell'istruzione superiore è del 27% superiore tra le femmine. Il divario di genere più accentuato si registra in Lettonia (+ 85%), Estonia (+ 79%), Slovenia (+ 68%) e Bulgaria (+ 67%).
Contesto
I dati sono stati elaborati da Eurostat nel quadro dell'indagine sulle forze di lavoro dell'UE, che fornisce dati sulla situazione e sull'andamento del mercato del lavoro dell'UE, anche per quanto riguarda la partecipazione ai sistemi di istruzione e di formazione e i livelli educativi raggiunti.
Il tasso di abbandono scolastico è definito come la percentuale della popolazione di età compresa tra i 18 e i 24 anni che ha terminato soltanto l'istruzione secondaria inferiore o possiede un livello di istruzione ancora più basso e non partecipa più al sistema di istruzione o formazione. Il livello di istruzione superiore (terziaria) è calcolato come la percentuale della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni che ha completato l'istruzione terziaria (o equivalente).
Prossime tappe
Gli Stati membri hanno convenuto, nella riunione del Consiglio del febbraio 2013, di concentrarsi sul miglioramento dei risultati dei giovani ad alto rischio di abbandono scolastico precoce e in possesso di scarse abilità di base, obiettivo questo che può essere realizzato, ad esempio, individuando tempestivamente i soggetti interessati nel sistema dell'istruzione e fornendo loro un sostegno personalizzato.
Il mese prossimo la Commissione europea valuterà le misure adottate dagli Stati membri per il concreto conseguimento degli obiettivi principali della strategia Europa 2020 per la crescita e l'occupazione. Potrà anche proporre raccomandazioni specifiche per paese.
La Commissione riferirà inoltre sugli ultimi sviluppi in tema di abbandono scolastico e di diffusione dell'istruzione terziaria nella prossima relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione (autunno 2013).

mercoledì 10 aprile 2013

A sostegno di Single seat campaign

Il Parlamento europeo deve fare ogni mese  440km di trekking dalla sua "casa" di Bruxelles per riunirsi a Strasburgo, nonostante il fatto che il 78% dei parlamentari europei desidera che a questo sia messo fine.

Il problema consiste nel fatto che è scritto nei trattati che il parlamento europpeo si debba riunire a Strasburgo.


Noi ci chiediamo: perche' gli Stati membri dell'UE possono non rispettare i trattati riducendo il numero di volte che essi sono tenuti a riunirsi a Lussemburgo?

con Single Seat ci faremo sentire forte!!!!

Non e' che si e' svogliati, ma e' per tagliare i costi ridicoli di questa pratica e abbattere le emissioni di CO2 

http://www.europeanvoice.com/article/imported/no-love-for-luxembourg-/76825.aspx

Verifica della Commissione europea su alcune commissioni applicate da Mastercard

La Commissione europea ha avviato una procedura formale per verificare se Mastercard ostacoli, in violazione delle norme antitrust comunitarie, la concorrenza nello Spazio economico europeo (SEE) nel mercato delle carte di pagamento,


La Commissione teme che alcune commissione interbancaria e pratiche correlate attuate da MasterCard possano risultare anticoncorrenziali.

Le carte di pagamento sono di importanza cruciale in tutto il mercato interno dell'Unione Europea, in particolare per gli acquisti trasfrontalieri o online, su Internet quindi. I consumatori e le imprese europee
ogni anno effettuano più del 40% dei loro pagamenti non in contanti ma con carta. E 'quindi una priorità per la Commissione europea per evitare distorsioni della concorrenza attuate attraverso  accordi sulle tariffe interbancarie e su altre condizioni applicabili ai consumatori.  

Nel 2007, la Commissione ha già vietato alcune commissioni interbancarie di MasterCard attualmente sta ponendo sotto la lente di ingrandimento alcune pratiche legate alle carte di credito Visa.